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sabato 29 maggio 2010

Il castello incantato

Quando Alex è stato preso in affidamento, era un bambino "terribile". Capricci, scatti d'ira, imprevedibili momenti di chiusura e isolamento. Ad ogni ricordo Alex subisce una trasformazione fino a che non diventi palese che è preda di otto persone diverse. La madre cerca la strada che riporti il figlio verso l'integrità.

Questo libro, letto lo scorso anno, mi ha aiutata a scindermi da Mark, facendo venir fuori, piano piano, con l'aiuto del mio Dottore, Veronica. "Che cosa vuole Veronica? Che cosa desidera Veronica?" erano le semplici domande che il Dottore mi rivolgeva, alle quali io non sapevo cosa rispondere; domande che mai nessuno mi aveva rivolto. "Chi è Veronica" mi domandavo io...
Il suggerimento che il terapeuta da ad Alex, quello di riunire tutte le sue personalità all'interno di un luogo speciale, un castello, inconsciamente lo presi pure io, ritrovandomi a riunire me e tutti gli altri miei amici in una stanza, l'aula del quinto superiore di ragioneria.
Nell'aula i miei amici ed io ci riuniamo (per lo più questa azione avviene quando sono fuori casa) solitamente per fare il punto della situazione, per darci forza e sostegno, per confidarci; solo che quando ci vediamo lì, abbiamo 18-19 anni. Solo quando ci vediamo lì dentro.
E' complicato e bizzarro spiegarvi come ci sia questa elasticità di età all'interno del Mondo Parallelo, dove io ci sono come Veronica e non più come Mark. 
Stare dentro quell'aula con i miei amici e, mentalmente, con i miei veri compagni e professori di scuola è un pò come voler creare un punto di partenza, una situazione ideale in cui io torno a vivere facendo le mie scelte di vita, in particolar modo scelte sugli studi prossimi da intraprendere, l'università, scelte che avrei dovuto prendere realmente a 19 anni, ma che non mi sono state concesse, e questa cosa proprio non mi è mai andata giù.  
Oggi ho 31 anni, ma che importanza ha? Voglio dire, per una persona come me che ha avuto le tappe della vita tutte spostate di 10 anni circa, è tutto regolare adesso!
A 20 anni ho conosciuto A., il mio primo ed unico ragazzo. La mia adolescenza è quindi iniziata intorno ai 21 anni per terminare intorno ai 27 (anno in cui decisi seriamente di curarmi), periodo in cui ho fatto cose e avuto esperienze che solitamente si fanno e si hanno dai 14-18 anni circa.
Ad ogni modo della mia vita prima di A., con tutte le problematiche e i disturbi del periodo, tornerò a parlarne più avanti.
Tolta la situazione dell'aula, io e tutti coloro che fanno parte del Mondo, col tempo, siamo cresciuti, abbiamo avuto una vita come tutti (Mark e gli altri hanno studiato, ora c'è chi ha famiglia, ecc...), solo che non posso fare a meno di pensare a me stessa, prima dei 19 anni come Mark. Cioè io ero un maschio, la cosa era indiscutibile! Io ero Mark! Anche oggi ogni tanto mi capita, ho queste crisi d'identità, ma sono sporadiche, per fortuna (come nell'ultimo ricovero), perchè sono veramente, ma veramente dolorose.
Un giorno forse vi racconterò la vita di Mark e gli altri.
Dopo i 19 anni, con la conoscenza di A., è nato un gioco di ruoli perverso nella mia mente: ero Veronica quando ero con A., ma tornavo ad essere Mark, quando A. non c'era. E non vi dico cosa succedeva, sempre nella mia mente, nei momenti di intimità con A.; ma questi li tralascio, è meglio.
E' sotto inteso che in casa, nè i miei genitori, tanto meno mia sorella, hanno notato nulla. Mah...
Per ora smetto; io stessa, a scrivere, non ci capisco più nulla! 
E' assai difficile dover riportare ciò che la mia mente crea per far si che tutto stia in piedi, sempre, senza perdere un colpo, andando di pari passo con il quotidiano.

giovedì 27 maggio 2010

Epilogo 2009 - considerazioni...

"Venerdì 9 ottobre 2009 (09-10-09)

Oggi niente lavoro, malattia; mi devo riprendere dal ricovero.
Colazione: frullato
Ore 10.40 – Giornata iniziata bene, ho pulito casa e tra poco andrò a fare la spesa. Il tutto è a rilento ma non importa, questa ripresa è meglio degli altri tre ricoveri. Sto andando piano ma sto andando.
“FORZA VERONICA/MARK!”
Ore 12.10 – Fatta la spesa. Tutto bene.
Pranzo: sedanini con ricotta, cannellini.
Sono dimagrita un sacco! Dovevo essere ricoverata per perdere 3-4 chili?!?! E poi ho mangiato! Bhò…sinceramente non è che mi interessi un gran ché, potrei anche rimanere così come sono, 60 chili vanno bene, così mi entra tutto ciò che ho dentro l'armadio senza noie. Il mio voler perder peso è finalizzato al solo obiettivo di non occupare troppo spazio (anche se tra le righe io ci leggo lo stesso il suicidio...).
Devo continuare a prendere gli psicofarmaci correttamente senza saltarli. 
Getterò la dose letale…i prossimi giorni...
Oggi sto bene grazie all’assunzione corretta. DEVO continuare così. Se penso che poi in ospedale, a parte leggere, non facevo nessun movimento, qua a casa posso mantenere questo peso e la giusta “salute mentale”.
“DAI VERO! NON PENSARE CHE ANDRA’ MALE, FORZA! VIVI!”
Come in ospedale m’imponevo di leggere, qua fuori devo “impormi” di vivere.
Durasse…
E cercherò di non bere molto.
L’alcool mi deprime dopo lo stato euforico, e mi libera la collera.
Up & Down, così non va bene.
E poi non mi fa ricordare le cose. E’ brutto non ricordare. Ad esempio non ricordo bene tutte le fasi dell’ultimo ricovero, o di aver comprato, la mattina, la borsa nera gigante e il calendario 2010 della famiglia (di buon auspicio?).
E se per il lavoro è destino che debba stare là bene, altrimenti ne troverò un altro. Amen.
Però devo lo stesso imparare ad avere meno crisi, sennò col lavoro sarà sempre un disastro. E poi, con lo studio come la metto?
Cari dottori, statemi vicini.
Ps.: però sto dicendo tutto ciò mentre sto a casa. Il mio problema è fuori. Speriamo nelle psicoterapie.
Ore 16.52 – Oggi è uno di quei giorni in cui va tutto bene. Tutto fila liscio. Nessun intoppo col certificato, con la città (dove ho comprato tre abitini dai cinesi a spendere poco per “farmi qualcosa di bene”), ho trovato il giornale per A.…insomma tutto ok.
E’ il primo giorno della rinascita."



E' un caso? Sono uscita dall'ospedale per tornare alla vita quotidiana il 09-10-09, ad un mese esatto dalla data in cui mi volevo ammazzare. Ancora il numero 9.
Posso vivere? Pare di si. Ma ad una condizione: che nella mia vita cambi qualcosa, che si realizzi qualcuno dei miei obiettivi. 
X è il simbolo che mi scrivo ogni giorno sotto il polso, tra due croci, dove anch'esse rappresentano un obiettivo, la Morte. Questo è ciò che mi dice la Voce.
C'è una data? Si, entro il 2010; dopodiché fine per sempre.
Perché? Come giustamente la Voce mi dice (o mi ordina) e i miei amici mi fanno notare, non si può vivere perennemente nel limbo, nè lottare continuamente verso forze oscure che ostacolano  il vivere sereno.
Ancora una volta, perché? Parliamoci chiaro, o va o non va! C'è poco da discutere ed è inutile far perdere tempo al mio Dottore, alla nuova psicologa (che con tanto impegno cerca di scuotermi e farmi reagire) e ad A., al quale non posso dare una vita, definita, normale.

Il mio diario del 2009 prosegue, ma non ve lo riporto, poiché, in breve: è una costante risalita, con qualche caduta lieve, piccole crisi, l'inizio della mia disoccupazione, i costanti colloqui con il mio solito e caro psichiatra, l'inizio di una nuova psicoterapia con una nuova psicologa quindi la ricerca di obiettivi da raggiungere.
Le novità, negative o positive, tutti gli stati d'animo, situazioni, ecc..., verranno riportate direttamente nei post (come ho già iniziato a fare da un pò di tempo); in pratica, ora, per farla breve, il diario e il blog, andranno di pari passo.

Ho in mente di proporvi, ogni tanto, degli stralci di diario significativi, a partire dal 1995, anno in cui ho seriamente iniziato a scrivere, giusto per darvi un'idea, sempre più nitida, forse, di chi sono e cosa c'è dentro il mio cervello.

A presto!



disegno fatto durante le medie (1992/1993)

domenica 23 maggio 2010

HA Schult (Trash People) - Concerto Sinéad O'Connor

Dopo poche ore di sonno e con gli psicofarmaci ancora in corpo, non smaltiti da una bella dormita, son qui a mostrarvi una delle tante opere di HA Schult, vista ieri ad una manifestazione a Fabriano in occasione di Poiesis: Trash People.
In breve: HA Schult è un artista tedesco nato nel 1939, cresciuto a Berlino. Ha frequentato l'Accademia d'Arte a Düsseldorf dal 1958 al 1961. Primo artista europeo ad affrontare il problema del degrado ambientale e degli squilibri ecologici, conia negli anni '60 due parole, poi diventate simbolo rappresentativo della società moderna: "Macher" e "Biokinetik". Egli cerca di sensibilizzare con opere artistiche di grande impatto. 
Famose sono le realizzazioni di quest’autore in Germania (“Aktion 20.000 km”, 1970), a Venezia (“Venezia vive”, 1976), a New York (“Crash”, 1977), nella Ruhr (“Ruhr Tour”, 1978), a Berlino (“N.Y. is Berlin”, 1985), a Colonia (“Fetisch Auto”,1989), a St. Petersburg (“Krieg und Frieden”, 1994), in Renania (“Rheingeist”,1996).

Sull’autostrada per l’aeroporto di Colonia-Bonn ha realizzato “Hotel Europe” (1999), che è rimasta la più grande scultura al mondo fino alla sua distruzione il 13 maggio 2001. 
Nel 2001 ha creato il suo “LoveLetters Building” a Berlino-Mitte. Nel 2003 ha creato “Trees for Peace” a Essen. Dal 1991 il suo “Golden Bird” è istallato sopra il Museo Civico di Colonia.
Dal 1968 si divide tra Monaco, Colonia New York e Berlino. Nel 1986 è stato fondato a Essen il HA Schult-Museum für Aktionskunst che nel 1996 è stato trasferito a Colonia.
Trash People nasce dalla sua mente nel 1996 e fa il giro del mondo (Parigi, Mosca, Giza, Bruxelles, Pechino...). Produciamo spazzatura e diventiamo spazzatura. Questo è il messaggio che l'artista ci vuole dare con questa sua opera. Omini alti 1,80 m fatti con materiali di scarto, per lo più lattine di Coca-Cola ammaccate, ma anche di birra, di olio, vecchie testiere del pc, lamiere arrugginite e quant'altro si può trovare nella spazzatura. Nel 2011 questi omini-spazzatura si saranno fermati in dodici importanti luoghi della storia, in cinque continenti.
Per saperne di più: HA Schult Online

Alcune foto dimostrative by A. fatte agli omini 

Approfittando del fatto che oramai eravamo a Fabriano, io ed A.,  non ci siamo lasciati sfuggire il concerto di Sinéad O'Connor. Che voce sensazionale che ha, dal vivo canta benissimo! Ecco alcune foto, sempre by A.

sabato 22 maggio 2010

Meringhe

Ho sempre avuto una certa preferenza per i cibi bianchi. Bianchi di colore, non di significato, quello dato di solito, dalle persone che soffrono di anoressia, ai soli cibi che possono ingerire.
Cibi bianchi, dunque, salati e dolci, senza distinzione, ad eccezion fatta per la consistenza: morbida, rigorosamente morbida, soffice...quasi a voler essere coccolata da quel cibo nel momento in cui mi alimento. Lo devo toccare, esplorare con le mani, prima di portarlo alla bocca ed assaporarlo. Ma deludente, quasi schifoso, fu il contatto in bocca con una cucchiaiata di lardo da me presa furtivamente in cucina, durante la preparazione di un qualche dolce di Carnevale, credendo fosse morbido, appunto, e dolce. Così almeno mi parve alla sola vista.
Ricordo di una domenica a pranzo dai nonni, una come tante. Avevo meno di sei anni (lo so bene, poiché mia sorella non era ancora nata). Ecco, che a fine pasto arriva il consueto vassoio delle paste fresche, della solita pasticceria, dove mio nonno le comprava nel suo solito giro domenicale, in cui comprava anche il giornale "Il Resto del Carlino".
Dunque, arriva questo bel vassoio con tante belle paste colorate e dolci: bignè alla crema, al cioccolato e al caffè, diplomatici con lo zucchero a velo sopra (pronto ad arrivarti al naso e nelle guance al primo morso), cannoli di pasta sfoglia riempiti con la crema semplice e chantilly, tartufi....e meringhe.
Non ho mai avuto una grande passione per queste paste, e a tutt'oggi, se devo scegliere, preferisco il gelato, il famoso gelato artigianale di cui ho parlato varie volte nei post precedenti. Ma allora la mia attenzione venne catturata da quella pasta di colore bianco fatta a nuvola. La indicai e me la misero nel piatto. 
La toccai.
Era dura! Ma pensai: "forse è dura fuori, ma dentro sarà morbidissima!" 
La addentai.
Rimasi con quella roba in bocca, incapace di ingerirla o di rigettarla. Era troppo dura e troppo dolce.
Alla fine ingoiai la parte che era dentro la bocca e lasciai nel piatto la parte rimanente, delusa per essere rimasta senza la soddisfazione del dolce a fine pasto.


"Snookered" Dan Deacon (Bromst) - 2009




venerdì 21 maggio 2010

Quarto ricovero - ... fino alle dimissioni

"Venerdì 2 ottobre 2009
       
Colazione: latte, orzo, 4 fette biscottate
Pranzo: fagiolini e carote lessi, panino con tonno, pomodoro e insalata con A.
Ore 13.30 – Colloquio tra il mio Dottore ed A.
Grande il mio Dottore! Con lui, A. e altri specializzandi, si è deciso che quando uscirò da qui, farò le psicoterapie al CSM di ***(come doveva essere sin dall’inizio, verso marzo). Ma IL MIO DOTTORE NON MI ABBANDONERA’ MAI, me lo ha detto lui ed ha sentito anche A., quindi ho un testimone per quando la mia mente non ricorderà nulla.


Sabato 3 ottobre 2009

Colazione: yogurt, 2 fette biscottate
Ieri sera ho parlato con G., lo specializzando; è stato gentile e mi ha anche spiegato il perché del ricovero. Gli ho parlato del pensiero ossessivo del suicidio e gli ho chiesto il perché era sempre dentro la mia testa come alternativa (poi il tutto l’ho riportato in mattinata al mio Dottore). Sentivo il bisogno di dirlo perché sapevo che a breve mi avrebbero fatta uscire, e per me, uscire da questo ricovero con ancora il pensiero del suicidio ben saldo in testa, non mi pareva cosa buona. G. mi ha spiegato che essendo una cosa che mi portavo da tempo dentro, non sarebbe svanita in un ricovero, ma che col tempo l’avrei saputa gestire.
Pranzo: 2 fettine di carne, insalata, 2 melanzane gratinate. Poi, con A. un panino fatto da lui con insalata, pomodoro e tonno. Buono! Il panino di A. era buono perché dentro c’era l’amore suo, e questo dice tutto! Ce lo siamo mangiato fuori dall’ospedale, nel prato, sopra dove c’è l’elicottero. Quanto sole! Era anche caldo.
Ore 16.15 – Pesata: 61 chili. Wow! Considerato che son due giorni che non vado in bagno, con il cibo e vestita.
Comunque devo ridurmi ancora, devo ridurre lo spazio  che occupo.
Cena: carne lessa, biete, patate lesse e fagiolini.


Domenica 4 ottobre 2009

Colazione: latte, orzo, 4 fette biscottate
Merenda: 2 gallette
Pranzo: fagiolini, insalata, una mozzarella. Poi, con A., panino con Galbanino, tonno e pomodoro. Buono!
Durante il pomeriggio ho parlato con S., una specializzanda. Il Valium alle ore 11 è ok, ho sempre ansia prima di mangiare qui in ospedale;  quindi grazie al mio Dottore che, ancora una volta, ci ha preso!
Prima di andare a letto, crisi d’identità: sono Mark??? E le lacrime scorrono senza un freno. Un’infermiera, N., cerca  di calmarmi e mi fa parlare.


Lunedì 5 ottobre 2009

Colazione: latte, orzo, 4 fette biscottate (che oggi mi sembravano cereali , come fossi a casa; come al solito l’immaginazione…)
Ore 9.30 circa – Oggi vorrei essere leggera come una piuma e sparire nell’aria. Io non sono io, Veronica credo non sia mai esistita, ma Mark si.
Più tardi parlo con la specializzanda S. delle mie crisi e di altre cose (non ricordo). Lei mi dice che devo essere meno cattiva con me stessa.
Pranzo: riso, mozzarella, cavoli.


Martedì 6 ottobre 2009

Colazione: latte, orzo, 4 fette biscottate, gallette
Ok, che m’importa del dopo? Farò quel che mi dice il mio Dottore perché lui sa qual è la strada giusta. Ed io? Io non lo so come mi comporterò, cercherò di fare il mio “meglio”, con la birra e il mio Mondo e ciò che accadrà non lo so. Mi mette un po’ pensiero fare terapia di gruppo ma vedremo, perché preoccuparci. Il mio caro Dottore sta “organizzando” tutto.
(non so se questo è importante per il libro ma ora lo  scrivo lo stesso) – Questa mattina è entrata una ragazza nuova di 33 anni (e a me non sembravano affatto), una tipa secondo me carina: capelli rossicci/biondi lunghi, pantaloni gialli e una felpa con cappuccio nera con cuori di vari colori. E’ entrata alle ore 22.30 e non aveva nulla, l’hanno portata qua i carabinieri perché si voleva suicidare al *** (ma poi aveva scoperto che lo avevano chiuso). In pratica poi le ho prestato il cellulare per fare delle telefonate per tranquillizzare i suoi e le ho dato qualche biscotto. Oh non lo so, questa ragazza, senza lavoro, mi piaceva.
Pranzo: zucchine, petto di pollo, asiago, Hit (i miei biscotti portati da A.)
Cena: due polpette, biete.


Mercoledì 7 ottobre 2009

Colazione: latte, orzo, 4 fette biscottate
Il Dottore mi comunica che domani esco dall’ospedale. Io non sono affatto contenta. Mi appoggio alla parte del letto alzata con Moio Moio e alcune pazienti mi stanno attorno felici per me. Poi una vedendomi parecchio giù chiama il mio Dottore, che era appena uscito dalla stanza. Il Dottore torna, si avvicina a me e mi domanda (che poi una domanda non era, visto che già di questo ne avevamo parlato in alcuni incontri) con fare preoccupato, come mai per me la vita fosse così brutta, così difficile da vivere. E poi nel lasciarmi, battendo una mano sulla sponda del letto (memoria visiva) mi dice con fare rassicurante “non preoccuparti, non preoccuparti”.
Pranzo: pizza (offerta dai genitori di una paziente della mia stanza).
Merenda: un pezzetto di cioccolato Lindt al peperoncino datomi da un ragazzo alto con degli occhi azzurri bellissimi, (per me era il protagonista del libro che avevo letto qualche mese prima “Hanno aperto un drugstore dentro la mia testa”).
Cena: panino con prosciutto cotto
Dopo cena si fa “salotto” all’entrata del reparto per non dar fastidio ai pazienti nel corridoio. Una paziente, che anni fa si buttò dalla finestra, mi scrive una poesia e me la lascia (per ogni ricovero avuto, ho sempre un ricordo datomi da un paziente) .


Giovedì 8 ottobre 2009

Colazione: latte, orzo, 3 gallette
Pranzo: patatine, biete, Asiago
Ho promesso al mio Dottore, prima di lasciare il reparto, che questa volta, giurando, farò TUTTO quello che lui mi dirà (lui sa che gli voglio bene, C., una specializzanda, glielo ha detto perché io non riuscivo, ma lei mi ha detto che lui lo sapeva).
Sullo sportello del mio armadietto ho lasciato la scritta “Grazie Dottor S.”.
Cena a casa!!! Serata Findus…"


"The Afterlife" YACHT (See Mistery Light) - 2009

martedì 18 maggio 2010

Quarto ricovero - decimo e undicesimo giorno

"Mercoledì 30 settembre 2009

Ore 10 circa – Preso cappuccino, fatta la doccia et voilà! che scrivo mentre azzanno mezzo panino alla caprese di ieri.
Il ciclo è arrivato, forse, per bene.
Il panino di A. (il suo odore mi ha invaso l’armadietto) lo mangerò in seguito, vedremo…zero programmi, tanto non li rispetto.
Oggi è una bella giornata di sole e vorrei essere con A. al Parco.
Finisco questo mezzo panino e poi autocontrollo!
Torno alla lettura.
Di solito odio il sole, ma in questa circostanza mi fa bene, ce l’ho sul letto, è tiepido, mi da un po’ di gioia, ma il calore è filtrato dalle finestre e non è veritiero.
Altro mezzo panino e lettura (che vuoi farci, diamo la colpa al ciclo?). Non appena uscita da qui torno al mio solito mangiare e intanto qui evito la mensa, finché ne ho voglia, presto mi stancherò anche dei panini, e allora farò come la scorsa settimana, quasi a digiuno (solo perché qui, ripeto, tante calorie non si possono smaltire). Speriamo di non ingrassare, sabato c’è la pesata.
Torno a leggere.
Ps: i panini (o quello che è)comprati da A., pure che sono del bar di sotto, sono sempre buoni.
Ora con il panino sto bene.
Ore 11.30 – Colloquio con il mio Dottore: così non si può andare avanti (come aveva già in precedenza detto). Quindi terapia farmacologica più terapia di gruppo…
Oh, sai che ti dico? Che ora di scrivere proprio non ne ho voglia.
Sono solo molto scontenta della mia vita e ciò che mi fa più “strano” è che i medici credono che io non metta impegno. Ah ah! Veramente, non c’hanno capito nulla.
Senza farmaci la mia testa non sballerà più di tanto perché ho “esperienza” e poi avrò più fantasia e immaginazione.
Ps: mangiati tutti e due i panini…ora sto bene per un mese…CHE DELUSIONE!
Ma il libro? Proverò lo stesso a scriverlo? Forza Vero il tuo Mondo è con te!
Ore 11.40 – Basta ospedale, farmaci e psicoterapie, che Dio me la mandi buona. Il mio Dottore non mi vuole, di nuovo un abbandono.
Devo pensare ad A., a farlo star bene.
 Il VUOTO rimarrà e con l’aiuto di A. ne verrò fuori; ciò che non c’è verrà coperto e rimarginato.
Ore 13.10 – Com’è una vita senza psicofarmaci con la consapevolezza di essere malati da non si sa cosa ma pare che ciò non abbia importanza? Appena uscita da qui lo sperimenterò (senza considerare che poi ho l’esperienza di certe azioni), non voglio più avere a che fare con psichiatri, psicofarmaci e tutto il resto. Loro, il mio Dottore compreso, non c’hanno capito nulla, suppongo, anche perché in tre anni, che effetti positivi ci sono stati?
Io vorrei una vita normale, e per averla devo “lottare”, giusto? Allora stop all’ospedale, stop a tutto, faccio da sola con l’aiuto di A., i dottori non mi servono a nulla! Dovevo avere il colloquio con le dottoresse…qualcuno le ha viste???.
Al rientro a casa, cinque giorni di malattia e poi: pulire casa, fare la spesa, fare le lavatrici, e non per ultimo prendermi cura di A., lui, l’unica persona al mondo che dedica la sua vita a me ed io lo devo fare per lui. Dico che vorrei fare volontariato, aiutare le altre persone e non mi prendo cura neanche di colui che sta accanto a me sempre, in ogni circostanza e non come i dottori che fanno il loro lavoro e basta.
Ho rispetto e molto affetto per il mio Dottore, ma farmaci a parte, non credo sappia aiutare la mia mente. Non ha capito la mia sofferenza e devo imparare a conviverci e ad accettarla. Ricordi quando a quattordici anni scrissi che neanche uno psichiatra c’avrebbe “cavato le gambe”? Ebbene… come vedi sono magica! Passata la settimana di malattia me ne torno al lavoro e cercherò di trovarmene un altro, di massimo trenta ore (potrò incastrarci anche lo studio?). Vedi, quello che non hanno capito i dottori è la mia difficoltà nel lavorare, nello stare agli orari, nel vivere in questa merda di società!
Scriverò un libro, giuro!
Troverò un lavoro che mi piacerà, giuro!
Studierò, giuro!
Per A., per l’Amore mio!
Mi devo impegnare da sola, e miei Amici mi aiuteranno!
Gli “scleri”, quelli non so come evitarli e mi dispiace molto per A. Forse sarebbe meglio che continuassi la terapia farmacologica e la psicoterapia di gruppo…uff…il fatto è che siamo punto a capo, io dopo le terapie sto male, ma male di brutto! e non posso lavorare o fare altro. Solo stare a casa. Però, perché non provare questo aiuto del mio caro Dottore? Ultimo muro in cui sbattere la testa…e poi forse la terapia collettiva mi farà bene…bhò…
Non devo pensare che ciò che faccio sia tutto sbagliato, devo rifletterci. E’ vero, però l’essere “strano” e “bizzarro” non significa  negativo. Ed io questo è bene che me lo ricordi tutti i giorni, tutti i maledetti e santi giorni. Sono come sono, loro, i dottori, non possono farci nulla, quindi rimango così cercando di sfruttarmi al meglio accettando i miei difetti, quelli che non posso modificare e cercando di vivere al meglio con A. Non posso scindermi dalla mia natura, posso leggermente modificarla ma DEVO accettarla, c’è poco da fare. Devo “solo” trovare il mio modo di vivere, ma non in questa società...
Cena: una specie di piadina con A. al bar dell’ospedale.




Giovedì 1 ottobre 2009

Colazione: latte, caffè, 4 fette biscottate
Ore 9.15 – Vedo passare in corsia il mio Dottore e il cuore batte a mille. Perché? “Il dolore è il tuo, esternarlo non serve a nulla” (la Voce mi suggerisce). Esternare i miei “sentimenti” al Dottore non hanno fatto altro che allontanarlo (merda che stamattina non riesco a scrivere!). Non voglio più pensare al Dottore che tanto mi fa stare bene per quanto mi fa stare male. Finché sto qua dentro (spero per altri pochi giorni) non chiederò di parlare con nessuno e ai colloqui (se ci saranno) sarò il Silenzio fatto a persona (non m’interessa se interpreteranno questo atteggiamento infantile o cos’altro, non m’interessa!).
Non ho nulla da dire: mi sono espressa a parole, per iscritto, al telefono, ma nulla è valso e allora se il mio male lo avevano anche solo lontanamente capito, era stato fatto. I farmaci…bhò si, vanno bene, il mio Dottore in questo è molto bravo, ma forse, per il resto della mia cura, lui non va bene per me.
Il Silenzio parla e dice più di mille discorsi.
Catatonica.
Neanche gli alberi fuori posso vedere che hanno abbassato le serrande.
Perché il mio Dottore vuole allontanarmi?
Perché il mio Dottore non può darmi farmaci e farmi psicoterapia insieme?
Provo a leggere, al più dormo.
Voglio tornare al Male, al mio conosciuto Male, alle mie solite e sbagliate abitudini perché in così poco tempo, non riesco a modificarle e perché forse i dottori si stanno rompendo di me. Nessuno mi ha insegnato a stare al mondo, e i dottori non lo stanno facendo; non mi ascoltano, pensano che il loro modo sia quello giusto per curare ma io ritengo (non da dottore) che ogni paziente sia da trattare individualmente.
Me ne starò in Silenzio…finché non vado via di testa per morire.
Perché questo ricovero non è servito a nulla.
Non sarò inutile, l’Amore mio sarà il fulcro delle mie attenzioni finché la sofferenza non sarà troppa da volere la morte. Anche perché, stupidamente credono che se ti fidi del Male o li chiami spesso è per necessità di attenzioni…SBAGLIATO! E’ per cercare di vincere e lottare il subbuglio che è in te.
Ripeto: di me, non c’hanno capito nulla.
Tra poco c’è il giro visite, sono quasi le ore 10.30.
Catatonica (il giro visite, la cosa più inutile di questo mondo).
Non vedo l’ora di tornare a casa per stare con A.; pulire, sistemare, cercarmi un lavoro, un corso di studi e cercare di vivere la mia vita normale, con i miei Amici.
Aiutami Mark
Aiutami Hans
Credo che la psicoterapia al CSM di *** la farò (ultimo stadio per me); la mattina ora posso. Ma spero vada a buon fine.
Che me ne farò di tutti quegli psicofarmaci di cui A. non ne è a conoscenza? Bhè li terrò lì, non si sa mai.
Come va? Bhè, io e il mio Dottore ci siamo parlati ieri. Dopo il giro visite chiamerà A. Poi io parlerò con la mia solita Dottoressa (???), ma  di che, visto che le terapie non le farò più con lei?
Tra poco il pranzo.
Già non vedo l’ora che arrivi A.
Però il mio Dottore alla mia domanda “come mai spesso cado in basso con i miei eccessi” ha risposto “non lo so”. Eh bhè certo, altrimenti ero sana e non ero qui.
Una del reparto, una paziente, qualche giorno fa m’ha dato delle compresse di carbone attivo: una bomba. Zero stitichezza e pancia piatta. E dire che ho il ciclo. Bisognerà che, uscita da qui, me le procuri in erboristeria.
Ore 12.20 – Finito di pranzare: gnocchi, fettina, patate lesse
Forse al mio Dottore devo dargli retta, del resto è accaduto ciò che lui temeva, ovvero che vedendolo più spesso mi attaccassi di più a lui (io dicevo di no e lui diceva di si). Le psicoterapie del CSM di *** si fanno la mattina ed io ora, fino al 5 novembre, alcuni giorni della mattina non li lavoro, poi avrò la disoccupazione (spero) e la mattina sarà sempre libera.
Proviamo?...che ho da perdere? (…) Ad ogni modo è sempre la stessa storia: esco dall’ospedale con mille buoni propositi e poi…baratro. Anche stavolta sto idealizzando il mio rientro??? Resta il fatto che, ovunque io sia, il mio problema è la realtà, più ne sto a contatto e più ci sto male. Io ho dei problemi e con questi ci devo convivere.
Sarà un vero peccato non vedere più il mio caro Dottore…
Cena: una rustichella del bar (che nomi da Autogrill che hanno però ‘sti panini…)"


...di nuovo, perdonate le frasi contorte e, forse, prive di senso e i continui pensieri contraddittori... Certo, prima di pubblicare potevo rivederli, correggerli e magari ometterli, ma avevo paura che poi avrebbe perso di significato l'essenza stessa del diario e di me, visto il luogo in cui mi trovavo e le condizioni in cui scrivevo. 


"All Tomorrow's Parties" The Velvet Underground (The Velvet Underground & Nico) - 1967


martedì 11 maggio 2010

Quarto ricovero - settimo, ottavo e nono giorno

"Domenica 27 settembre 2009

Il ciclo continua ad apparire e scomparire.
Ore 8.00 – Ieri sera altra crisi altro rischio di essere legata, e tutto per uno stupido laccio ai pantaloni del pigiama che porto da lunedì. Violata di nuovo la mia privacy come faceva mia madre e il terrore che mi trasmetteva con vari oggetti (qui in ospedale con le cinghie).
Non mangerò più, qui dentro il cibo è avvelenato.
Non parlerò più con nessuno salvo con il mio Dottore.
Solo quello che mi da A. e il mio Dottore è buono e, ovviamente, ciò che compro per casa.
Colazione: cappuccino
Pranzo: niente
Ore 12.30 – Tavor in gocce richieste da me
Cena: purè, piselli, insalata, stracchino, carne (A. era con me)
Odio le donne.

Ps. in reparto non è consentito avere nulla di tagliente, lacci, fili (tipo auricolari o roba del genere), phon e altre cose che ora non ricordo. Tutto ciò che viene da fuori il reparto, deve essere controllato dagli infermieri; soprattutto se sei un paziente recidivo: se avrò modo, racconterò il primo ricovero, dove potei portare con me un bisturi e una bottiglia di grappa, che ovviamente, utilizzai …


Lunedì 28 settembre 2009

Il ciclo continua ad apparire e scomparire.
Colloquio con le dottoresse.
Il Dottore non c’è (A. lo doveva chiamare).
Giornata schifosa, vorrei morire!
Oggi non riesco a leggere e a scrivere.
Vorrei essere a casina mia.
Intramuscolare di Tavor e niente, più sveglia che mai. Ma dove sbaglio?!?!
Vorrei il pc per scrivere.
Colazione: cappuccino
Pranzo: niente
Merenda: cappuccino, yogurt
Ore 16 circa – Ciò che sto imparando qua dentro è pensare a me stessa. Se devo vivere IO vivrò e IO guarirò. Fanculo tutto il resto!
Se pensi sempre agli altri tu starai sempre male (fatta eccezione per A.). Il dolore è tuo e se vuoi guarire devi esternarlo sempre, ovunque, soprattutto in ospedale.
Torno alla lettura, non sono proprio in grado di fare altri ragionamenti dopo Tavor e Valium, proprio non ci sto.
Senza genitori sto proprio bene; per il bucato piccolo me lo faccio io, quello grande (jeans e asciugamani) ci pensa A.
 Non vedo l’ora di tornare a casa, anche per scoprire cosa ho scritto.
Cena: pesce, purè, insalata, zucchine


Martedì 29 settembre 2009

Il ciclo continua ad apparire e scomparire.
Ore 10.20 – Solita routine: dormito (male e poco per colpa di una paziente), cappuccino e doccia.
Ora, bella pulita, me ne sto nel letto ad alimentare il cervello. M’impongo di leggere e scrivere per non uscire dall’ospedale come uno zombie. Da piccola mi portavano i puzzle dei Puffi, ora ho i miei libri. Via sotto con la scrittura, anche se è difficile mantenere la concentrazione e non so bene il perché…le terapie sono sempre quelle…bhò…ed io intanto insisto, se reagisco qui, fuori sotto questo aspetto sarà più semplice, no?
Il lavoro mi preoccupa ma, come dissi tempo fa, ora non è una mia priorità, ora c’è lo “star meglio” senza pensare costantemente al suicidio.
Ho sei libri e mezzo da leggere; finirò a leggerli ed A. me ne dovrà comprare degli altri o uscirò prima? Vedremo i prossimi giorni. Torno a leggere.
Wow! Devono diminuirmi il Depakin, livelli troppo alti nel sangue, da 500 mg si passa a 250 mg nel pomeriggio (mattina e sera invariati da 500 mg).
Ore 12.31 – Non ho pranzato, provo a riposare.
Più tardi leggo.
Catatonica.
Provo a leggere.
Catatonica:
Provo a leggere.
Ore 14.50 – yogurt
Ok, io leggo, ma un conto leggere a casa propria di spontanea volontà, un conto farlo in ospedale, costretta a leggere perché altrimenti, che faresti? Come vorrei fondere casa con l’ospedale. Devono insegnarmi a gestire il VUOTO, la lontananza da loro (il mio caro Dottore e la Dottoressa con la quale facevo le psicoterapie) quando terminano i colloqui.
Vorrei A.
Vorrei tornare a casa.
Vorrei trovare un lavoro part-time.
Vorrei scrivere un libro.
Vorrei studiare medicina.
Vorrei scomparire e qui l’unica cosa che posso fare è non mangiare. Resisti un po’ finché non fai come oggi che compri un panino alla caprese e presa dal senso di colpa, chiami la dottoressa, ci parli un po’ e il panino lo incarti e lo metti dentro il tuo armadietto (come si fa col vasetto della Nutella all’inizio della dieta: si sa che si ha ma non si può toccare). E così sta lì, certo, non per molti giorni, dentro c’è un simil mozzarella, ma per domani, nuovo “programma”:
Colazione: cappuccino o latte e orzo (quello dell’ospedale) quindi di nuovo a letto fino alle ore 9.30 poi doccia e attesa dottori.
C’è la cena, ore 17.45: vado a vedere se posso ingerire qualcosa.
Cena: due polpette, biete, purè, mela
Ore 20.06 – A. è andato via da poco (avevamo il permesso del mio Dottore per uscire dal reparto e stare un po’ fuori all’aria aperta). Io son pronta per andare a letto. A momenti passano la terapia. Mi son fatta portare da A. un panino da lui scelto al bar sotto (quello che ho comprato oggi vedremo che fine farà, se mi va lo prendo, altrimenti lo getto!). Lo so, sono in fase ciclo ed è normale che la fame aumenti (poi da quando sono qui dentro il cibo l’ho un po’ snobbato e non ho, ovviamente, mangiato al mio solito modo e in certe circostanze non ho proprio mangiato), insomma per dire che probabilmente è tutto nella norma (dio che pensieri contorti!).
Domani, panino di A. a parte, farò tutto quanto ho sempre fatto (ovviamente vedi schemino restrittivo). Fossi stata a casa probabilmente i miei frullati, i miei Hit, i miei gelati m’avrebbero fatto passare “la sindrome premestruale” da cibo e poi sarei potuta andare a correre, almeno il fine settimana e il dolore, parte del dolore, non ci sarebbe stato.
Domani colloquio con le mie specializzande (e di certo anche con il mio Dottore; lo dovevo vedere oggi, ma forse, oggi, era pieno di lavoro e non ha avuto tempo) e a parte questo, ho intenzione di fare un sacco di cose (…immaginando sempre che sono nel reparto di psichiatria). Una bella doccia per iniziare e…tanta lettura." 


"Child in Time" Deep Purple (Deep Purple in Rock) - 1970


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